20 Mar Come si sceglie il diamante da acquistare?

Investire sui diamanti, tutto quello che devi sapere.

“Come si sceglie il diamante da acquistare?”

da un’ inchiesta di Preziosa Magazine by Chiara Di Martino.

Se appare ovvio che più elevata è la caratura (a pari condizioni di purezza, taglio e colore) più ha valore la singola pietra, meno ovvia è la precisazione per cui i diamanti da investimento sono sempre di alto livello qualitativo, l’unico in grado di tutelare l’investimento, ma inclusi generalmente in un range che va da 0.5 a 2 carati al massimo. Si tratta generalmente di pietre taglio tondo che hanno caratteristiche di colore e purezza alte o molto alte e sempre di pietre certificate dai maggiori istituti gemmologici riconosciuti (cioè Gia, Hrd e IGI di Anversa, gli unici abilitati a compiere la certificazione dei diamanti da investimento).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E qui la prima osservazione. Dando un’occhiata alla tabella* in cui abbiamo confrontato i prezzi dei diamanti (nel mese di giugno, quando le ultime quotazioni de Il Sole 24 Ore, riferimento delle banche, essendo trimestrali sono quelle di aprile 2016) balza subito agli occhi l’enorme differenza di prezzo tra la pietra acquistata in banca e quella acquistata presso un produttore o un gioielliere. Le banche operano i prezzi più alti, tenendo fede al trimestrale pubblicato sul Sole24Ore. Il mercato – passando ai campi successivi, ingrosso e dettaglio – è affetto da molte variabili che fanno oscillare il costo verso il basso. Costo che si rialza – ma che comunque non arriva mai ai livelli di quelli praticati in banca – in gioielleria, dovuto, in modo del tutto fisiologico, ai costi di gestioni della filiera.

Se si ha bisogno di liquidità e si vuole disinvestire?
Questo è un altro tassello importante del puzzle: la prima cosa che si sentirà dire chi vuole investire in diamanti è che si tratta di una scelta che ha valore soprattutto nel lungo termine. In primo luogo, perché le commissioni dell’intermediario della banca sono significative e si riducono solo con il passare degli anni. La seconda affermazione è che si tratta di un investimento mai perdente: il prezzo si è mantenuto finora sempre in crescita, ma è anche vero che non è automatico un rendimento reale positivo che copra cioè dall’inflazione.

Bisogna peraltro valutare a chi vendere (perché le spese accessorie dei singoli canali possono modificare il margine di profitto) e come calcolare il valore della pietra. Le banche, come recita una voce inserita nel modulo d’ordine (vedi pagina seguente), offrono solitamente un tentativo di “ricollocamento”, che viene garantito entro 30 giorni dalla richiesta. Premessa: l’Iva, corrisposta al momento dell’acquisto, non si recupera al momento della vendita. E il 22% è una percentuale di tutto rispetto, che nel calcolo del prezzo di rivendita ha il suo peso. Ma questo è connesso alla natura del bene e dell’acquirente, perciò andiamo avanti: come funziona esattamente?

Prima ipotesi: Il consumatore vuole ricollocarlo tramite banca. Fa un ordine di rivendita; l’intermediario ritira la pietra e la reinserisce nel database di riferimento con dati e caratteristiche. Al primo ordine corrispondente (in media ci vuole qualche giorno, ad ogni modo è garantito entro un mese) l’intermediario provvede a ricollocare la pietra. Il sistema senza dubbio regge, come infatti attualmente regge, fin quando domanda e offerta si mantengono in equilibrio o, al massimo, se la domanda è superiore all’offerta. E se l’offerta è superiore? Se i diamanti in rivendita sono più numerosi delle nuove richieste? Non si rischia una “bolla” che ricorda quella immobiliare?

Seconda ipotesi: lo compro il diamante in banca ma provo a rivenderlo altrove. In gioielleria, per esempio. La valutazione di acquisto offerta dal gioielliere sarà di gran lunga inferiore, toccando cali fino al 60% (basta osservare nuovamente la nostra tabella*) e non perché mi ritrovi di fronte a un operatore disonesto, ma perché, a quella cifra iniziale, bisognerà sottrarre il 22% di Iva, il sovraccarico operato a monte dal sistema bancario e il giusto margine del gioielliere. Quando, a questo punto, ci sarà offerta una cifra inferiore al nostro esborso iniziale, non ci sentiremo come se il gioielliere lo stesse svalutando? Così perdono tutti: il risparmiatore, che si ritrova con meno di metà del suo investimento, incappando in un metaforico bagno di sangue, ma perde anche il gioielliere, che non solo ha già smarrito una fetta di clientela a vantaggio delle banche, ma si ritroverà anche (ingiustamente) con la fiducia del consumatore fatta a pezzi.

Infine, negli ultimi tempi si legge sempre più spesso sui quotidiani economici che i produttori di diamanti tendono a ridurre l’offerta di prodotto sul mercato per difendere i profitti a fronte di un calo dei prezzi del grezzo, dovuto a sua volta, al rallentamento della domanda (in particolare di quella cinese). Il pericolo è che i consumatori possano leggere in questa momentanea contrazione del valore del diamante un rischio per il loro investimento e affrettarsi a ricollocare le pietre acquistate. Così, il mercato – da quanto emerso, l’unico vero ago della bilancia per i diamanti – si troverebbe affogato da un picco dell’offerta e un crollo della domanda. E a quel punto cosa succederebbe? Il sistema bancario riuscirebbe a garantire il ricollocamento a tutti i risparmiatori?

Inoltre (in uno scenario in continua evoluzione), bisogna considerare che peso avrà il diamante sintetico, che, con l’avanzare rapido della tecnologia e il progressivo esaurimento di quelli naturali, è destinato a erodere nicchie di mercato sempre più ampie.

 

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